IL PANORAMA I dati raccolti
nell’edizione 2003 del Landmine Monitor Report indicano la presenza di
mine e/o ordigni inesplosi in82 Paesi, 45 dei quali sono Stati Parte
del Trattato di Ottawa. In 16 di questi Paesi non sono attivi programmi di
bonifica e in 25 mancano programmi di sensibilizzazione per la popolazione.
In 65 Paesi sono stati registrati nuovi casi di vittime delle
mine. Solo 24 di questi Paesi erano in guerra. Solo il 15% delle vittime
registrate nel 2002 è stato identificato come personale militare: per il
restante 85% si è trattato di civili. Le cifre sembrano indicare
una diminuzione nel numero delle vittime, che si calcolano
nell’ordine delle 15-20.000 nel corso del 2002.
I Paesi con il maggior numero di vittime registrate sono la Cecenia
(5.695) e l’Afghanistan (1.286), seguiti da Cambogia (834), Colombia
(530), India (523), Iraq (457), Angola (287), Ciad (200), Nepal (177), Vietnam
(166), Sri Lanka (142), Burundi (114), Birmania (114) e Pakistan (111). In
Bosnia, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, Etiopia, Georgia, Laos,
Palestina, Senegal, Somalia e Sudan sono stati registrati un numero di casi
superiore a 50. Va però ricordato che in alcuni Paesi mancano sistemi
affidabili di registrazione delle vittime e che non tutti gli episodi vengono
denunciati.
L’USO DELLE MINE
Nel periodo coperto da questa edizione del Landmine Monitor Report, almeno
6 governi risultano aver fatto uso di mine antipersona (una
riduzione rispetto a quelli citati nelle edizioni 2002 e 2001, rispettivamente 9
e 13). Si tratta di Birmania, India, Iraq (dove le forze di Saddam
Hussein le hanno utilizzate in preparazione all’attacco anglo-americano e
durante il successivo conflitto), Pakistan, Nepal e Russia. Di questi
solo la Birmania ha negato di avere fatto uso di mine. Sono state inoltre
raccolte indicazioni attendibili di uso di mine da parte del governo della
Georgia. Sono infine state ricevute serie denunce dell’uso di mine da
parte degli eserciti di Burundi e Sudan, Paesi che hanno firmato (ma non
ratificato) il trattato per la messa al bando delle mine e che hanno smentito
ogni accusa in tal senso.
E’ diminuito anche il numero dei Paesi in cui le mine sono state
usate da gruppi di opposizione armata: 11 contro i 14 riportati nel Landmine
Monitor 2002. Si tratta di Birmania, Burundi, Colombia, Repubblica Democratica
del Congo, Filippine, Georgia (dove ad usarle sono state le forze abkaze),
India, Nepal, Russia (da parte delle forze cecene), Somalia e Sudan. Nel corso
dell’anno due gruppi di opposizione armata attivi nel Kurdistan iracheno e
15 fazioni somale hanno sottoscritto un impegno a bandire l’uso di mine
antipersona.
LA PRODUZIONE DI MINE
Nel corso dell’anno 36Paesi hanno smesso di produrre
mine. Tra questi anche sei Paesi che non hanno aderito alla Convenzione di
Ottawa per la messa al bando delle mine: Finlandia, Grecia, Israele, Polonia,
Serbia - Montenegro e Turchia. La produzione si è inoltre arrestata a
Taiwan. Anche in alcuni dei Paesi in cui la produzione formalmente non è
stata arrestata non si producono mine da anni, come nel caso di Stati Uniti,
Corea del Sud ed Egitto.
Sono ancora 15 i Paesi produttori (Birmania, Cina, Corea del Nord, Corea
del Sud, Cuba, Egitto, India, Iran, Iraq, Nepal, Pakistan, Russia, Singapore,
Stati Uniti e Vietnam), anche se non si sa con certezza quanti di questi
abbiano effettivamente prodotto mine nel 2002. Il Nepal ha ammesso solo
quest’anno di produrre mine.
IL COMMERCIO DELLE MINE
I trasferimenti internazionali di mine si sono ormai ridotti ad un livello
minimo di traffici illeciti e praticamente vige una messa al bando di fatto
del commercio di questi ordigni. Numerosi Paesi che non hanno aderito alla
Convenzione di Ottawa, tra i quali Bielorussia, Cina, Corea del Sud, Israele,
Polonia, Russia, Singapore, Stati Uniti e Turchia, hanno esteso o riconfermato
ufficialmente le loro moratorie sull’esportazione di mine.
GLI ARSENALI
Si stima che il numero di mine attualmente detenute negli arsenali di 78
Paesi si aggiri tra i 200 e i 215 milioni. La stragrande maggioranza si
trova in Paesi che non hanno aderito alla Convenzione di Ottawa. I maggiori
arsenali si trovano in Cina (110 milioni di unità), Russia (circa 50
milioni), Stati Uniti (10.4 milioni), Pakistan (circa 6 milioni), India (4-5
milioni), Bielorussia (4.5) e Corea del Sud (2).
Nel periodo coperto dal Landmine Monitor 2003, 18 Stati parte della
Convenzione di Ottawa hanno completato la distruzione dei propri arsenali
come prescritto dall’art. 4 della Convenzione. Si tratta di Brasile,
Ciad, Croazia, El Salvador, Giappone, Gibuti, Giordania, Italia,
Macedonia, Moldova, Mozambico, Nicaragua, Olanda, Portogallo, Slovenia,
Tailandia, Turkmenistan e Uganda. Desta preoccupazione il caso del Turkmenistan
che ha dichiarato di voler conservare, per scopi di addestramento, 69.200 mine:
un numero che sembra di gran lunga eccedere il “minimo assolutamente
necessario” consentito dalla Convenzione.
L’Italia ha completato la distruzione del proprio arsenale, che contava
oltre 7 milioni di pezzi, il 20 novembre 2002, con quasi un anno di anticipo
rispetto alla scadenza stabilita in base alla Convenzione (1 ottobre 2003).
Anche alcuni Stati che non hanno aderito alla Convenzione hanno proceduto
alla distruzione di parte delle loro scorte di mine. Tra questi si segnalano la
Russia, l’Ucraina (che ha firmato ma non ratificato la Convenzione) e la
Bielorussia (che ha recentemente completato il processo legislativo interno
necessario ad autorizzare l’adesione alla Convenzione).
IL PROCESSO DI MESSA AL BANDO
Attualmente sono 136 i Paesi che hanno aderito alla Convenzione di Ottawa,
e 13 quelli che l’hanno firmata senza però ancora averla
ratificata. Sono 9 i Paesi che hanno aderito nel periodo coperto da questa
edizione del Landmine Monitor Report, tra i quali l’Afghanistan e Cipro,
Paesi entrambi colpiti dalle mine. La Bielorussia ha acceduto al Trattato il 3
settembre 2003.
Mancano all’appello ancora 47 Stati, tra i quali tre dei membri
permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (Cina, Russia e Stati
Uniti), la maggior parte degli Stati del Medio Oriente, la maggior parte delle
Repubbliche ex Sovietiche e ben 18 Paesi in Asia.
15 Stati-parte tra cui Angola, Eritrea, Guinea, Liberia, Namibia, Nigeria,
Sierra Leone e Suriname, non hanno ancora presentato la relazione richiesta
dall’art. 7 della Convenzione (in cui si richiede di fornire informazioni
sulla presenza di mine nel paese e sullo stati di avanzamento delle misure di
bonifica e distruzione degli arsenali). Per converso, Lettonia e Polonia pur non
essendo Stati parte hanno presentato tali relazioni, fornendo informazioni sugli
arsenali di mine in loro possesso. Anche la Grecia ha rivelato per la prima
volta informazioni sui propri arsenali. In precedenza anche Bielorussia,
Lituania e Ucraina avevano fornito questo tipo di informazioni.
L’AZIONE CONTRO LE MINE
Si è registrato un aumento nel numero di Paesi (35) che hanno
dichiarato di avere avviato attività di bonifica organizzate. In altri 32
Paesi si sono registrate attività isolate di bonifica. Attività di
informazione sul rischio delle mine sono in corso in 36 Paesi. In molti Paesi
si sono registrati notevoli avanzamenti in termini di superficie bonificata. Il
Costa Rica si è proclamato “Paese libero da mine” nel
dicembre 2002. Gli accordi di pace e di cessate il fuoco in vari Paesi tra cui
Angola, Sri Lanka e Sudan hanno permesso l’avanzamento delle
attività di bonifica.
Rispetto all’anno precedente, nel 2002 a livello globale
c’è stato un aumento del 30%del livello dei finanziamenti per le
attività di mine action, che sono ammontati a 309 milioni
di dollari, donati da 23 Paesi. Tra i donatori che hanno aumentato il loro
contributo si segnalano il Giappone, la Comunità Europea, la Norvegia, la
Germania, l’Olanda e, in misura minore, altri Paesi tra cui
l’Italia, il Belgio, la Svizzera e due Stati che ancora non hanno aderito
alla Convenzione: Cina e Grecia. Quattro dei principali donatori in termini
assoluti, Stati Uniti, Danimarca, Svezia e Regno Unito, hanno però
ridimensionato il loro livello di finanziamento (rispettivamente di 5.5, 3.8,
3.6 e 1.4 milioni di dollari).
Tra i Paesi riceventi la l’Afghanistan è quello che ha ricevuto
maggiori finanziamenti (pari a due terzi dell’incremento totale dei
fondi), con un aumento del proprio livello di finanziamento di 50 milioni di
dollari. Altri Paesi che hanno ricevuto aumenti significativi sono il Vietnam
(+12 milioni di dollari), l’Angola (+7.7), la Cambogia (+6.3) e lo Sri
Lanka (+5.5). Non si sono registrati tagli in nessuno dei principali Paesi
riceventi, salvo in Kosovo dove questo era stato per altro previsto.
Il livello attuale di finanziamento deve comunque crescere ancora se
si vuole assicurare che i Paesi colpiti dalle mine possano raggiungere
l’obiettivo di liberarsi da questo flagello nell’arco di 10 anni
dall’adesione alla Convenzione. Ulteriori finanziamenti sono inoltre
necessari per assicurare livelli adeguati di assistenza e riabilitazione a
migliaia di vittime. Sono infatti almeno 48 i Paesi dove i programmi di
assistenza sono stati trovati carenti in uno o più aspetti (assistenza
medica, riabilitazione fisica e psicologica, reinserimento sociale etc).